Guida autonoma potenziata dall’EEG: il metodo drive-think di Tsinghua
Ricercatori Tsinghua a NeurIPS 2025: guida autonoma potenziata dall’EEG, training drive-think, −18–26% collisioni e pianificazione più sicura in scenari critici
Ricercatori Tsinghua a NeurIPS 2025: guida autonoma potenziata dall’EEG, training drive-think, −18–26% collisioni e pianificazione più sicura in scenari critici
© A. Krivonosov
Il team dell’Institute for Intelligent Industry (AIR) della Tsinghua University ha presentato un avanzamento scientifico di rilievo nella guida autonoma. L’annuncio è arrivato a NeurIPS 2025 e ruota attorno a un metodo che permette ai sistemi di autopilota di attingere alle capacità cognitive del cervello umano.
I ricercatori hanno introdotto un approccio definito guida autonoma potenziata cognitivamente. Utilizza segnali elettroencefalografici (EEG) registrati da conducenti umani per addestrare i modelli di autopilota a prendere decisioni in modo più simile alle persone. Un punto chiave: il metodo non richiede sensori EEG nelle auto di serie, mantenendo i costi del sistema sugli attuali livelli.
L’architettura di training, battezzata drive-think, abbina i dati delle telecamere di bordo ai segnali EEG nella fase di preparazione per estrarre risposte cognitive latenti alle situazioni stradali. Grazie all’apprendimento contrastivo, la rete di guida impara poi a ricreare quelle risposte quando valuta la scena.
L’addestramento si sviluppa in due fasi. Prima, il sistema modella abilità cognitive a partire dai dati cerebrali umani; poi, nell’uso reale, si affida soltanto al video standard delle telecamere. In pratica, l’esperienza di guida delle persone viene trasferita al modello di visione artificiale in forma implicita.
I test sul dataset nuScenes e sulla piattaforma di simulazione Bench2Drive hanno evidenziato progressi netti: l’errore nella pianificazione della traiettoria è diminuito e le collisioni sono calate di circa dal 18 al 26%. Nelle situazioni complesse e ad alto rischio — come i tagli bruschi in corsia — il sistema si è comportato in modo più prudente e prevedibile, avvicinandosi al modo in cui guidano i conducenti umani. Nel complesso, i risultati indicano un beneficio concreto per la sicurezza.
Secondo i ricercatori, è il primo studio che utilizza direttamente capacità cognitive umane per migliorare sistemi di guida autonoma end-to-end. Il lavoro apre nuove strade verso autopiloti più sicuri e verso un’intelligenza fisica guidata dal funzionamento del cervello umano: un ponte interessante tra neuroscienze e percezione delle macchine che non impone nuovi oneri hardware.