LatentCSI ricostruisce interni con il Wi‑Fi: come funziona e cosa rischiamo
LatentCSI trasforma i segnali Wi‑Fi in immagini fotorealistiche con modelli di diffusione: vantaggi, limiti, applicazioni reali e questioni di privacy.
LatentCSI trasforma i segnali Wi‑Fi in immagini fotorealistiche con modelli di diffusione: vantaggi, limiti, applicazioni reali e questioni di privacy.
© A. Krivonosov
I ricercatori del Tokyo Institute of Science hanno presentato LatentCSI, un metodo che trasforma i segnali radio Wi‑Fi in immagini fotorealistiche di ambienti interni grazie a un modello di diffusione preaddestrato. L’idea di base colpisce per la sua linearità: le riflessioni su pareti e arredi (CSI) custodiscono indizi geometrici sulla stanza, e una rete neurale costruita su Stable Diffusion 3 ricostruisce i dettagli mancanti nello spazio latente, convertendo echi deboli in un quadro coerente.
Rispetto ai tentativi precedenti, LatentCSI risulta più veloce e più ricco di dettagli perché lavora in una rappresentazione latente compressa invece che sui pixel grezzi. C’è però un vincolo decisivo: il modello richiede un addestramento preventivo su fotografie di ambienti simili; senza questa base, la tecnica non funziona. Una dipendenza che di fatto lega il sistema a contesti già familiari e invita a mantenere i piedi per terra.
In concreto, le possibili applicazioni spaziano dal monitoraggio della sicurezza in aree industriali all’assistenza per i robot aspirapolvere, fino all’analisi degli spazi retail. Il nodo, però, è la privacy. LatentCSI mostra con quanta rapidità uno strumento utile possa scivolare verso la sorveglianza. Il progresso è notevole, ma richiede mosse rapide da parte di regolatori e produttori: senza regole chiare e trasparenti, il rischio è che questa tecnologia diventi un mezzo di tracciamento più che un supporto.