Stretta USA sui semiconduttori in Cina: Samsung e SK Hynix con aggiornamenti congelati

L'ultima svolta nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina colpisce in pieno il settore dei semiconduttori. Stavolta la pressione si concentra su Samsung e SK Hynix: le nuove regole statunitensi limiteranno le spedizioni in Cina di apparecchiature americane per la produzione di chip. I loro impianti potranno continuare a funzionare, ma senza nuovi strumenti gli aggiornamenti e l'espansione, di fatto, si fermano. Le licenze di importazione saranno revocate entro 120 giorni, e ogni nuova richiesta verrà esaminata caso per caso, senza alcuna promessa di via libera.

Il colpo è particolarmente duro per lo stabilimento di Xi'an di Samsung, che sforna circa il 40% della produzione globale di NAND del gruppo. Anche SK Hynix fa affidamento sulla capacità produttiva in Cina per la DRAM. I chip più avanzati, però, vengono realizzati in Corea del Sud e negli Stati Uniti.

Washington presenta la mossa come una misura di sicurezza nazionale: l'obiettivo è rallentare i progressi della Cina nei chip e impedirne gli impieghi militari. Il cambiamento potrebbe avvantaggiare concorrenti statunitensi come Micron, ma anche i produttori cinesi di apparecchiature, mentre Seul è già in colloquio con Washington per attenuarne l'impatto. Il messaggio tra le righe è difficile da ignorare: più che spegnere l'operatività attuale, si vuole prosciugare gli aggiornamenti futuri. Una strategia che mira a congelare l'evoluzione, non il presente.

A complicare lo sfondo, Samsung si prepara a diversi lanci di peso — dal Galaxy Tab S11 al processore Exynos 2600, che potrebbe diventare il primo SoC a 2 nm al mondo. È un equilibrio delicato: far crescere la gamma consumer mentre si gestisce la pressione crescente su una divisione chiave dei chip. Una prova di tenuta che misura la capacità del gruppo di muoversi tra innovazione e geopolitica.